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Nella serie di testi affidata ai lettori di "Smerilliana", Centinaro dimostra di aver trovato il passo che gli serviva, come se finalmente scovasse e provocasse in natura (nel limpido e nel livido dei suoi Sibillini) quelle rime che gli danno respiro, anziché attenderle a un appuntamento meccanico e previsto. Sono rime traenti, adesso, ariose, che qua e là fanno pensare a Dino Campana, itinerante fra gli Appennini, stupito della melodia delle rocce e dell'acqua e vòlto a darne, in verso o in prosa, l'equivalente.