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La raccolta decifra il travaglio della contemporaneità mediante la specola della parola, smarrita in un divorzio con la realtà, iniziato a fine '800 e sofferto nel '900 nelle conseguenze provocate dalle ideologie, che hanno trasferito il baratro dal settore artistico a quello politico. La prima parte è dedicata alla fine della società contadina: l'io narrante avverte la difficoltà di lasciare il mondo degli avi, per superare il torrente, la barriera del paese-universo. La città, l'ambiente in cui vive l'interlocutore, si trova già immersa nei nuovi valori: le lotte politiche, i viaggi, la carriera, la tecnologia. Nella seconda l'autore vuole esplorare la città. Il dialogo diventa più serrato ed entra un figlio di vent'anni che vive nella società globalizzata. Non c'è possibilità di intesa con il padre: sembrano vivere ere diverse dell'evoluzione. Per il giovane la società "emporiocentrica" è la normalità con tutte le sue contraddizioni e il malessere prodotto dal consumismo, che pone il "mercato" al centro del sistema delle relazioni umane, dei rapporti personali, pubblici, sociali, politici nazionali e internazionali, compresi anche i modelli culturali, pratici e pragmatici.