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Cos'è la bellezza? Perché sentiamo vibrare il nostro corpo quando ci troviamo di fronte a qualcosa di bello o che crediamo essere bello? Il paradigma del fango non ha la pretesa di rispondere a queste domande che nella storia del pensiero umano hanno visto l'utilizzo di fiumi di inchiostro per trovare delle risposte adeguate. Le pagine che il lettore si appresta a leggere ripropongono un concetto molto semplice, impiegato nelle più comuni conversazioni tanto da risultare ovvio e scontato: "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace". Con buona pace per coloro che vorrebbero un mondo retto dall'uniformità, dal monocromatismo e dall'azzeramento delle diversità, il prendere coscienza che non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace sembra essere un afflato di liberà e democrazia, meritevole di essere onorato e accolto. La breve e forse comune storia di Lucia e Giacomo rispecchia esattamente la necessità di concepire la bellezza a prescindere da qualsiasi canone o struttura logica; la bellezza che può riempire i sensi ed incidere un solco profondo di dolore nell'anima; la bellezza che si manifesta in tutta la sua essenza e che scappa, perché ha paura di sé, ha paura di essere vista e pertanto si nasconde.