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"Requiem per Naaman" è la storia di quattro generazioni della famiglia Abramson. Il "fondatore" emigra in Palestina alla fine dell'Ottocento, ma sua moglie non sopporta la dura vita dei coloni, fugge nel deserto e si uccide. Anche il figlio Naaman, musicista sensibile, lontano dallo spirito combattente del sionismo, fugge a Parigi e nella follia. E nel sangue dei nipoti e dei figli dei nipoti continua a scorrere una duplice, contraddittoria vocazione: quella spirituale, utopistica e poetica, che non ha bisogno di un luogo fisico di approdo e che però spesso sfocia nella pazzia; e quella "territoriale", concreta, che alimenta la fondazione dello stato d'Israele. Attraverso il racconto di questa "maledizione", Tammuz scrive insieme un requiem per il sogno sionista e un'epopea degli ebrei del ventesimo secolo, un'epopea senza retorica fatta di tante, diverse e affascinanti storie di donne e di uomini.