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Dedico queste lezioni a Rita Atria, siciliana ribelle, collaboratrice di giustizia, morta suicida a diciotto anni, dopo l'assassinio del giudice Borsellino, suo padre di elezione, nella strage di via D'Amelio. Purtroppo, dopo la morte di Borsellino, Rita viene lasciata sola, intanto che viene montata contro di lei, la solita "macchina del fango." Da morta non avrà un funerale. Perché anche il suo sacrificio abbia un senso, bisognerà superare la retorica del ricordo e fare memoria, farne un simbolo di lotta e non solo di pietà, dando voce alle pagine dei suoi diari, che costituiscono il suo testamento: "Cosa si può fare per combattere la Mafia? Andate fra i ragazzi di Mafia e mostrate loro che c'è fuori un altro mondo". "Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognarlo? Forse, se ognuno di noi prova a cambiarlo, forse ce la faremo". "Non dobbiamo arrenderci mai." "La Mafia siamo noi, con il nostro modo sbagliato di comportarci, perché condizioniamo l'economia con il nostro voto, con il nostro clientelismo... Parlo della Mafia dei colletti bianchi". (I proventi del libro saranno devoluti dall'autrice al presidio di LIBERA Giorgio Ambrosoli)