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Amori mancati, matrimoni combinati, vendette, fughe che diventano rinascite... le storie narrate in questi tre racconti si svolgono in un mondo parallelo al nostro, confinante e sideralmente lontano al tempo stesso: le comunità rom che popolano i campi nelle periferie di Torino. Luoghi di passaggio o di arrivo, dove i destini dei giovani continuano a essere decisi da tradizioni antiche alle quali è più facile sfuggire, andandosene, che ribellarsi. Seguendo le vicende dei tre personaggi narranti - Mehemed l'intellettuale del campo di Collegno, Stephka la sognatrice della baraccopoli sulla Stura, e Ivica, musicista di matrimoni, battesimi e funerali in Erzegovina, poi bracciante al villaggio di strada dell'Aeroporto - ci troviamo di fronte al ritratto di una comunità che poco si svela, alla fotografia della vita quotidiana e degli usi e costumi di un popolo che, vissuto sempre ai margini della storia, ne ha tuttavia subito l'impatto durissimo, con gli orrori dell'olocausto nazista e di quello etnico delle recenti guerre jugoslave. Mentre sullo sfondo scorrono la Torino dei giorni nostri, con il ponte sulla Stura e il Balon, la Barcellona più povera, quelle del Barrio Gotico e Chino, Mostar durante il periodo comunista e quello della guerra di Bosnia, l'autore ci porta con occhio affettuoso attraverso le peripezie dei protagonisti, ognuno impegnato a modo suo - a comprendere il significato della vita, passando attraverso le aritmie del cuore, rispettando il fato, o cercando di forzarlo.