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La poetessa irachena di fama internazionale Dunya Mikhail rinuncia alla poesia per restituire una realtà dolorosa e attuale, come quella delle donne yazide rapite dagli uomini di Daesh. In una prosa che ha il tono di un reportage, spezzato a tratti da qualche ricordo e qualche verso poetico, Mikhail ci racconta una realtà quotidiana di ordinaria resistenza, parlando delle donne che sono riuscite a scappare. Il libro si dipana su un doppio filo: le loro storie e la vita di Abdullah. Apicoltore del Sinjar, abituato a viaggiare tra Siria e Iraq per vendere il suo miele, Abdullah usa ora i suoi contatti per salvare le donne rapite. Quando gli parlano di 'sopravvissute', che Daesh definisce 'schiave sessuali', lui corregge chiamandole 'regine'. Trae il termine dalla società delle api, che considera un modello di giustizia e armonia: se muore una regina, muore tutto un alveare. La comunità yazida gli si stringe intorno, organizzando collette per finanziare i salvataggi. Testimonianza di un'umanità ferita ma non vinta, e capace ancora di sorridere, il libro ci svela uno spicchio del Medio Oriente di oggi, bello e martoriato, a cui dovremmo prestare più attenzione.