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Sofonisba, bellissima regina cartaginese, fascinosa e irresistibile, perfida e sensuale, coraggiosa e risoluta nel darsi la morte, 'recita' la parte della protagonista di questo commento ai capitoli 12-15 del XXX libro dell'Ab urbe condita di Tito Livio. Nella cornice della II guerra Punica, alla temperantia e alla continentia di Scipione l'Africano, il vir gravis che aveva posto a suprema lex il bene dello Stato, si oppone la libido di Massinissa, follemente sedotto dalla bellezza e dal fascino della regina, fino a quel momento moglie del suo rivale Siface. In questo incrocio di valori e di sentimenti, Sofonisba appare 'arbitra' del destino del proprio uomo di turno e si rivela capace di sottrarlo alle proprie responsabilità civili e militari, prima di farlo optare per un inconciliabile codice 'elegiaco'. Gli attori di questo dramma vivono dunque un contrasto virtù-vizio, ma anche un contrasto Amore-Ragion di Stato: è su tale vibrante contrasto che Francesco Petrarca, in particolare nel V libro dell'Africa, riscrive questo episodio storico, pagando con serietà e acribìa il suo debito nei confronti della tradizione, la stessa tradizione che alimenta nella sua fantasia di poeta la risemantizzazione del tragico rapporto d'amore tra Massinissa e Sofonisba.