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«L'allarme sull'emergenza migranti non solo ha promosso e diffonde un linguaggio sempre più feroce e violento nei social network, nei media e nella politica ma distorce i dati reali, enfatizza i problemi, semplifica le soluzioni populiste e nasconde le soluzioni sensate, ragionevoli, civili, umane. Tutti coloro, e sono tantissimi, che non ci stanno ad accettare passivamente questa cultura dell'emergenza e della paura, tuttavia, non sono uniti da un'appartenenza a un partito politico o da un'unica ideologia o da una fede religiosa ma sono eterogenei, disuniti, dispersi e frammentati e non hanno trovato ancora slogan o bandiera. Al contrario, le bandiere della xenofobia, dell'intolleranza, della paranoia sociale, dell'egoismo, della violenza verbale contano su di un numero crescente di vessilliferi. Ci aspetta un lavoro duro e un cammino lungo e periglioso se vogliamo "deistituzionalizzare" la cultura dell'emergenza e promuovere la cultura dell'accoglienza e della solidarietà. Si tratta di compiere, come diceva Franco Basaglia, una "lunga marcia attraverso le istituzioni", le legislazioni, le statistiche, le normative, le opportunità pubbliche e private. Si tratta di contarsi e di organizzarsi per tornare a fare politica». È urgente liberare energia politica capace di alimentare e governare nuovi conflitti politici e sociali.»