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La filosofia non esaurisce il discorso di Marx ma nulla della sua impresa critica si può comprendere senza rintracciarne i presupposti filosofici. Si tratta di partire da qui, per poi inseguire gli sviluppi del suo pensiero nelle teorie di interpreti e continuatori. A meno di ritenere che di Marx non valga più la pena di occuparsi: che egli sia ormai un «cane morto», oltre che il responsabile di rivoluzioni sanguinose e vane. Eppure di Marx e del suo sogno non ci si libera facilmente. È più probabile che, accantonando la polemica, si debba riconoscere che siamo tutti suoi figli: che, a duecento anni dalla sua nascita, parliamo una lingua da lui plasmata e pensiamo con idee nate lungo il suo percorso intellettuale. È probabile che ci si debba finalmente rassegnare al fatto che «non possiami non dirci marxisti». «Questo libro non vuole essere un esercizio di pietas nei confronti di una figura un tempo osannata e oggi piuttosto ridimensionata. Il nostro intento è studiare Marx come filosofo: i temi che la sua filosofia discute; le fonti che la ispirano; le prospettive che essa schiude. Parrebbe un gesto massimamente inattuale: per l'inattualità di Marx nel tempo della globalizzazione capitalistica; per l'inattualità della filosofia, quale Marx la intendeva: non erudizione né intrattenimento, ma critica dell'esperienza storica: genealogia del mondo umano e teoria della prassi trasformatrice. Marx: il critico dell'economia politica; lo scienziato dei modi di produzione; l'attento osservatore degli accadimenti contemporanei; l'infaticabile costruttore di organizzazioni operaie - questo Marx era interessato in primo luogo a riflettere sulla storia, nel convincimento che essa abbia una virtuale coerenza e un'immanente finalità. Di questa idea il libro ricostruisce fonti e sviluppi. Per capire in che misura, a duecento anni dalla nascita, Marx sia ancora parte integrante della nostra comune filosofìa spontanea».