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"Dall'inizio degli anni Settanta del XX secolo una nuova forma di espressione si è imposta sulla scena urbana: i graffiti, l'arte anonima, plurale, giovanile, sostanzialmente anarchica di chi riempie i muri di scritte o li usa come veri e propri supporti di una pittura 'en plein air'. Sotto l'etichetta di 'writing' sono comprese le tag o 'firme' - dalle sigle originali della New York di quarant'anni fa, semplici indicatori di identità territoriale, alle scritte rapide e semplici ('throw up') o enormi, complesse e coloratissime (il cosiddetto 'bombing') che negli ultimi decenni si possono vedere sui muri, i vagoni della metropolitana e i treni di tutto il mondo. D'altra parte, la definizione di street art comprende murales, 'stencil' (sagome ritagliate riempite di colore), 'sticker' (adesivi), poster, ma anche performance e azioni di strada. In realtà, il tratto comune di tutte queste forme di azione ed espressione è che hanno luogo all'aperto e quindi sono visibili a un gran numero di persone. Noi crediamo, in contrasto con le visioni conservatrici del paesaggio urbano (di destra o di sinistra che siano, 'proprietarie' o 'comunitarie') che tra i diritti fondamentali dei cittadini esista anche quello di parola e di espressione, di fatto goduto oggi solo da chi impone un'estetica possessiva o chi la difende. Il conflitto sul decoro urbano ci sembra tutto qui: da una parte la pretesa che a decidere l'estetica urbana siano i detentori del potere, economico e politico, o i tutori dell'ordine, dall'altra il proliferare di messaggi alternativi, espressivi, critici che contestano di fatto quella pretesa. In questo senso, la scritta 'Wem gehört die stadt?', 'A chi appartiene la città?', che si può leggere sui muri delle città tedesche da un paio d'anni, contesta sia la speculazione edilizia, sia l'imposizione di un'estetica proprietaria."