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Opera commissionata dal cardinale Wilhelm van Enckenvoirt, la "Vita di Adriano VI" è la biografia a tutto tondo dell'ultimo papa straniero prima dell'età contemporanea. Scritta prima del 1540, l'opera di Paolo Giovio insiste su una cifra ironica, capace tuttavia di fotografare il dato e di metterlo a disposizione del lettore. Un papa poco amato, triste e solitario, rigoroso nell'essenzialità devozionale e così lontano dalla curia romana da apparire estraneo a qualsiasi pratica istituzionale. Un teologo costretto a mettersi in gioco nel governo, prima in Spagna e poi a Roma, ma che si definisce prima di tutto nella ritrosia e nel costante desiderio di abbandonarsi solo agli studi. E proprio l'incapacità di amministrazione divenne proverbiale tanto che le richieste venivano liquidate con un freddo "videbimus et cogitabimus", che però si traduceva in un nulla di fatto. L'austerità del papa aveva in effetti il duplice risvolto di un rigore spirituale verso le cose della chiesa che corrispondeva però ad una mancanza di liberalità a volte vicina alle ottuse chiusure di un vivere troppo sobrio.