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Questo libro è un viaggio tra modi di dire, proverbi, aneddoti, indovinelli e racconti alla scoperta della sessualità pensata, sognata, mitizzata e praticata dai romagnoli di ogni tempo. Il dialetto, ovviamente mantenuto nelle citazioni (con traduzione in italiano), ha il potere di addolcire la crudezza dei termini, sia perché capace di indurre il sorriso sia perché cala il lettore in una civiltà di grande naturalezza qual era un tempo, ed in parte anche oggi, la Romagna delle campagne, dei paesi e dei borghi cittadini: luoghi nei quali le cose venivano chiamate con il loro nome e sesso e amore appartenevano al ciclo naturale della vita. La lettura di questo libro è motivo di divertimento e di conoscenza dei modi di vita amorosi in una Romagna dove la virilità e la sessualità occupavano prepotentemente la mente e il corpo. Come Cristiano Cavina testimonia: «Il sesso è stato l'unico aspetto della mia educazione di cui si è occupato nonno Gianì, lasciando danni profondi e cicatrici visibili ancora oggi. Non era facile del resto essere all'altezza delle aspettative di un uomo che si vantava pubblicamente dei suoi sette fiammiferi e mezzo di virilità. Fiammiferi svedesi, i sulfanel...».