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Nunzio Granato qui, alla sua seconda prova, "dialoga" con il cielo, fa parlare l'Universo, dà voce ai miti, ai simboli archetipi di desideri, paure, aspirazioni dell'uomo. Nei versi de "Il cielo dentro" prende forma lo slancio, l'impeto a raffigurarsi il cielo come simbolo della coscienza, come luogo dove realizzare "l'assoluto delle aspirazioni dell'uomo, la pienezza della ricerca, come il luogo possibile di una perfezione del suo spirito, quasi il cielo fosse lo spirito del mondo". Il cielo visto, percepito quale manifestazione diretta della trascendenza, saturo di sacralità; e il poeta gli si rivolge conscio che nel suo infinito vi albergano i simboli delle potenze superiori all'uomo: siano esse benevoli o temibili. L'autore, proiettandosi negli immensi spazi siderali, simbolicamente ma fortemente racchiusi nel microcosmo del suo essere, comincia un arduo peregrinare nella profondità del suo sentire. E avverte e canta il suo esser solo e insieme un tutt'uno con l 'Universo. La nuova silloge di Granato "canta" dell'amore, della morte, della vita, della natura con struggente malinconia, e, in essa, vi serpeggia l'ansia del poeta, drammatica e caotica, sentimentale e commovente.