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Un paesaggio discorsivo costituito da interviste a operatori sociali, poesie homeless e testi cinematografici, che tratteggia il panorama, solo apparentemente eterogeneo, dei territori dell'homelessness, accomunati dalla coazione alla confessione delle proprie incapacità. La descrizione dei meccanismi di gestione dei poveri senza casa conduce gli autori a mettere a punto l'idea più ampia di "cultura della vulnerabilità", come insieme di tecniche organizzative e discorsive attraverso le quali l'ampia area delle vite precarie contemporanee può essere governata. Viene così proposta un'analisi disincantata delle pratiche di cura e di sostegno sociale, invitando il lettore a uno scetticismo morale e conoscitivo nei confronti dei professionisti della miseria altrui.