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Le foto di vecchie classi scolastiche possiedono sempre un fascino misterioso. Irresistibile e nello stesso tempo strano. Un fascino strano innanzitutto per la scarsa qualità iconica: gruppi di studenti messi in posa, ma con una regia giocata su criteri estetici approssimativi; sfondi decrepiti, poveri, brutti; attori impettiti obbligati a fissare l'obiettivo con occhi sbarrati; adulti in vestito da festa scarsamente connessi con il gruppo degli studenti... Apparentemente la documentazione di una recita, di una situazione non vera. Una situazione costruita con un avviso che suonava gioia e minaccia (attenzione, domani ci sarà il fotografo), ma realizzata con tecniche e stili che oggi sembrano appartenere più al mondo del dilettantismo che a quello dell'old-fashioned. Un fascino irresistibile per le mille verità che sprigionano da queste immagini artificiose. Per la realtà che documentano e che penetra dentro, attivando ricordi perduti, emozioni scomparse. Cose che avremmo potuto fare e forse non abbiamo fatto. Adulti che saremmo potuti diventare e che siamo più o meno rovinosamente o gioiosamente divenuti. Una sorta di memento homo che ci fa rivedere il nostro futuro dietro le spalle.