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Parigi, 7 gennaio 2015. Un commando di tre uomini armati di kalashnikov, inneggianti ad Allah, attacca la sede del giornale satirico francese Charlie Hebdo, reo di aver a più riprese pubblicato vignette caustiche su Maometto. Alla fine dell'azione si conteranno venti morti, tra i quali il direttore della rivista, diversi collaboratori storici, tre poliziotti e gli stessi attentatori. Si è trattato del più grave attentato terroristico in Francia dal 1961. Al netto di ciò che è accaduto realmente (i contorni della vicenda, a oggi,- non sono del tutto chiari e già serpeggiano le teorie più diverse), quel che è indiscutibile è che a terra sono rimaste alcune delle matite più corrosive e talentuose di Francia. Il che, nei fatti ancor più che negli scopi e nelle dinamiche, è un attentato a una libertà, quella di espressione, che si riteneva ormai acquisita da tempo. O forse no?