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Inanna, la grande dea sumera divenuta l'accadica Istar, è stata da una parte l'erede della "grande madre", divinità preistorica della procreazione, dall'altra l'antenata di Afrodite/Venere, dea dell'amore e della bellezza femminile. La sua figura è cambiata e alterata nei secoli, ma è rimasta esempio e simbolo della femminilità, in tutte le sue forme, anche negative. L'autore ne tratteggia gli aspetti attingendo a una scelta di composizioni mesopotamiche che la riguardano e inquadrandola in una "carriera" che la dea ha percorso per raggiungere il suo ambizioso scopo finale. Ma contemporaneamente ne ha tratto spunto per un parallelo tra il pantheon mesopotamico e i sentimenti religiosi contemporanei.