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L'autobiografia è il libro dell'io. Un io che non si contiene, un io che si racconta. Un io che non sopporta altri racconti. In un'autobiografia trovi le confessioni, i successi e i fallimenti. Fai, per dirla altrimenti, i conti con la tua vita. È un bilancio dove in gioco c'è tutto il narcisismo dell'autore. Fatti, impressioni, paure, incertezze, vittorie, infilate come perle in un filo robusto. Questa non è un'autobiografia, anche se c'è molto di Savoire in queste pagine. Ci sono le sue ambizioni, c'è la sua visione delle cose. In qualche modo c'è la sua vita. È, soprattutto, una biografia della massoneria, come se la massoneria finalmente si raccontasse, per quello che dovrebbe essere, ragionando a partire da quello che è. Uno sguardo sulla massoneria diventa allora un'importante occasione per riscoprire l'attualità 'teoretica' di una istituzione guardata dagli occhi privilegiati e attenti di un 'Eletto Cohen'. Le visioni deviate - mondane, ricreative, 'laiche' - perdono la loro tranquillità e diventano movimentate e insicure. Perché la massoneria ha una natura forte che chiede solo di essere finalmente raccontata.