Tab Article
Dopo quanto hanno scritto Chateaubriand o Madame de Stahl, o de Maistre o Cousin, non occorre aggiungere niente per rendere il ruolo del 'Filosofo incognito' nella storia del pensiero sul finire del secolo scorso. Se ancora avessimo dubbi, le considerazioni di De Baader, quelle di Moreau, la singolare analisi di Caro e il profilo deliziosi di Sainte-Beuve, tutto questo li avrebbe senza dubbio dipanati. Eppure, Louis-Claude de Saint-Martin non ha ancora avuto nella storia della cultura moderna il posto che merita, e possiamo dire, senza paura di esagerare, che per il mondo è rimasto come lui stesso si è definito: un 'Filosofo incognito'. La sua dottrina, indubbiamente, è bene esposta nei suoi numerosi lavori, ma non del tutto: c'è dell'altro. Non lo è neppure chiaramente: c'è di più. Alcuni dei suoi lavori, pubblicati di recente o altri inediti, sono indecifrati quando non indecifrabili e nella sua corrispondenza percepiamo l'esistenza di particolari della dottrina riservati, persino dei confronti dei discepoli più anziani. Quello che rimaneva completamente oscuro fino ad oggi erano le origini reali della sua dottrina, e quanto era impossibile stabilire era il punto di demarcazione tra il suo pensiero e quello di Martinez de Pasqually, che ai profani era del tutto sconosciuto. Si ignorava dunque, e quasi in uguale misura, i primi passi e i risultati ultimi di quell'insieme di speculazioni, teoretiche e politiche, tra misticismo e teosofia, che, con un tocco di presunzione, si potrebbe chiamare 'sistema'.