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"Nunzio Buono conosce - dunque - l'arte finitissima del poetare miniaturizzato: ogni componimento ha la preziosità fragile e levigata di una miniatura moghul che bandisce il ricorso a scene forzate e deriva l'attraenza magnetica della poesia-immagine dal particolare minimo, dall'uso aggettivale calcolatissimo, dalla smaltatura cangiante di un lessico di rara perfezione: i suoi versi sono fiori di una cifratura elegante che trattiene la discendenza nobile da certi cantari e trovatori, rivisitata e mirabilmente contemporaneizzata in virtù di un sentire teso a spingersi oltre il fenomenico, ad addentrarsi nell'oltre, nell'inconosciuto, nella realtà indiziaria. Universo parallelo, slargo di cielo, imperituro mistero, dove tutto è nell'altro di sé - qualsiasi cosa tocchi, è te che tocco, Ritsos, in esergo - che continuiamo a chiamare, parola dopo parola, verso dopo verso, amore: e siamo l'amore, quando siamo. (Marina Pratici)