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L'interessante opera poetica sperimentale dell'ormai famoso psichiatra siciliano Sollima arriva, con questo Libello alla quarta fase del suo fondamentale e originalissimo poema, dedicato, in lingua greca, al Telos, il fine, e sembra toccare, a questo punto, il punto massimo della sua splendida e del tutto speciale azione poetica di invenzione totale del linguaggio! Di fronte al quale il lettore critico è sorpreso inizialmente da una sorta di ammirazione senza una precisa ragione, una specie di shock estetico, come davanti a una bellezza astratta, un quadro di pittura metafisica o surreale; e sùbito dopo interviene una forte intenzione di analizzare e capire, nel senso però di una interpretazione (sottolineiamo tale parola), ossia con la coscienza di operare una forma soltanto di avvicinamento, se non proprio al significato preciso o alle esatte intenzioni di ogni testo e di ogni frase, almeno all'indefinito e vago (il nostro Leopardi!) sentimento che opera o può operare il sia pur strano, o meglio, scientificamente operoso, linguaggio, che vale l'effetto poetico e artistico di tale operazione poetica e quindi metaforica e immaginaria.