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Il presente lavoro intende operare un accostamento interlocutorio al problema del linguaggio religioso che rappresenta, del più generale rapporto tra filosofia e antropologia, uno dei momenti più critici. L'esplicita preoccupazione metodologica, se vuol essere un freno all'ambizione del titolo, non è tuttavia in grado di eliminare la complessità di una vicenda nella quale ciascun personaggio avanza le proprie pretese per il ruolo di protagonista. La dimensione del sacro è così sottoposta ai più divergenti interrogativi con doverosa immodestia pari all'imponenza della posta in gioco. L'incidenza di Freud, a tale riguardo, non è certamente stagionale. Il prolungato incontro con Ricoeur ha una legittimazione etica, oltre che intrinseca: il saggio su Freud è l'intervento filosofico più importante ed esauriente apparso finora. La radicale divergenza può essere invocata come ostacolo solo in senso pigramente irenico o accademico. Proprio per questo il presente scritto non può correttamente escludere la reversibilità del postulato.