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Prima l'ascesa, luminosa. Poi la rapidissima caduta, disastrosa. Tutto nei primi anni del Novecento. Il lungo rapporto tra la scienza e l'Europa tocca il suo apice all'inizio del XX secolo, quando nel continente si verifica una seconda, grande rivoluzione scientifica che riguarda i fondamenti della matematica, lo sviluppo della fisica relativistica e quantistica, la sintesi neodarwiniana in biologia. La visione che l'uomo ha dell'universo che lo circonda viene modificata radicalmente, come mai forse era avvenuto in passato. Eppure questa rivoluzione viene prodotta mentre l'Europa entra in crisi, dilaniata dalla lunga guerra civile che la sconvolge per trent'anni: dal 1914, anno di inizio della prima guerra mondiale, al maggio 1945, quando termina la seconda guerra mondiale. Alla fine di questa catastrofe l'Europa ha perduto la sua leadership militare, economica e culturale nel mondo. Anche l'asse scientifico del pianeta si è spostato altrove, dopo che per tre secoli e più il piccolo continente ha mantenuto il monopolio mondiale della ricerca. Perché la crisi? In questo quarto volume della fortunata serie "La scienza e l'Europa", Pietro Greco ci fornisce in maniera chiara e quanto mai appassionante la risposta: l'Europa - e in particolare la Germania -non ha saputo governare la modernità, fondata sulla conoscenza scientifica, che essa stessa ha prodotto. Ha rotto il suo secolare rapporto privilegiato con la scienza.