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Con un mood narrativo che rimanda alle atmosfere marsigliesi protagoniste dei libri di Jean-Claude Izzo, De Luise ci restituisce Genova in folgoranti e non scontati frammenti che affiorano dalle sue "descrizioni esistenziali", da quelle della periferia (dove sono nati e cresciuti Jack e l'autore), alle passeggiate solitarie "in quell'aria spessa, carica di sale, gonfia di odori" che De Andrè ha poetato. Una città che accompagna i pensieri di Jack attraverso i quali ci si immerge (e si riemerge) in un singolare romanzo di formazione, una storia nella storia che procede per ricordi e flashback con cui entrano in scena personaggi del passato le cui vite s'intrecciano con il presente di Jack. Un uomo di mezza età che lavora, fuma e beve troppo - tra l'altro ormai senza trarre soddisfazione da nessuna di queste cose - che si misura col disincanto e con quello spaesamento, tanto angosciante quanto inevitabile, generato dalla consapevolezza di essere soli e che con la maturità si comprende nella sua dolceamara pienezza.