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Lo slogan "Il fumo uccide", che da alcuni anni è per obbligo riportato sulle scatole delle sigarette, ha scatenato polemiche a non finire tra proibizionisti e antiproibizionisti. Se molti condividono la campagna tesa a scoraggiare l'assunzione di tabacco in quanto estremamente pericolosa per la salute, un fronte robusto contesta violentemente certi dati statistici e i toni intimidatori nei confronti del "vizio" del fumo. E di "vizio" parlava del resto già alla fine del Cinquecento lo straordinario viaggiatore fiorentino Francesco Carletti il quale si scandalizzava che gli abitanti delle Indie Orientali assumessero il prodotto "per naso" o "per bocca" dichiarando - alla stregua di un moderno proibizionista - "non mi piacque già mai pigliare il fumo del tabacco"; ma subito dopo gli sfugge un "mentre stetti nel Messico, bevevo cioccolata e mi piaceva, mi giovava e quasi non mi pareva di poter stare un giorno senza berne". Ecco il punto! Al di là delle questioni relative alla salute - indubbiamente importanti - a ciascuno la propria "dipendenza", potremmo dire. E partendo dallo slogan che abbiamo riportato, ci è sembrato che si potesse organizzare un'antologia di racconti che scavassero sulla ricerca del "piacere", anche piccolo, quotidiano, ma perentorio, fatto inevitabilmente di una forma di assuefazione che, se arginata o combattuta, provoca esperienze difficili e penose, se non addirittura reazioni violente.