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Ha 14 anni l'autrice di questo libro, quando una sera di ottobre del 1992 il suo sguardo scorge in televisione il viso fiero di Matteo Boe, il bandito sardo ben noto per i sequestri di persona, in particolare del piccolo Farouk Kassam, vicenda che tenne con il fiato sospeso l'Italia e finì in uno strascico di polemiche e misteri. Lo hanno appena catturato dopo la fuga dal carcere dell'Asinara da dove nessuno era mai riuscito a evadere prima. Vent'anni dopo, Laura Secci, ormai giornalista, scrive a Boe nel carcere dove sta scontando una pena di trent'anni. Due righe di presentazione e una richiesta: rilasciarle un'intervista. Boe rifiuta l'invito «da una che scappa dalla sua terra per scrivere sul giornale degli Agnelli», ma l'autrice risponde alla provocazione. Nasce così uno scambio epistolare a cui fa seguito una serie di colloqui in carcere, che formano il materiale con cui la Secci costruisce una "biografia romanzata" di Matteo Boe. Un libro che racconta la stagione dei sequestri, l'evasione dall'Asinara e la scarcerazione nel 2017, e cerca di rispondere a una domanda basilare: cos'ha portato uno studente colto e benestante nella Bologna degli anni Settanta a fare il bandito?