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Monica Ravalico, con il suo romanzo "Hypoplasia", ha trasceso la mera composizione formale ed estetica. La storia che racconta vive di un'anima propria, di porte chiuse in faccia, lacrime, cicatrici, delusioni, ululati di dolore, cambi di case, città, residenza, amici e amori. Eppure, nulla è ostentatamente gridato, al contrario è il lettore che si appropria della vicenda e ne sfuma i contorni. E mentre lo fa, viene inesorabilmente catturato in una sorta di labirinto a-temporale e a-spaziale in cui la realtà effettuale è fragile e anzi proprio nella staticità degli eventi in cui i personaggi sono bloccati sta la vera forza di questo romanzo fortemente autobiografico. Due i protagonisti le cui storie scorrono parallele. Quella di un giovane albanese giunto in Friuli-Venezia Giulia che dopo una brutta esperienza sul territorio italiano cerca di tornare in patria via mare: le pagine ambientate sul mare Adriatico sono straordinarie. E quella di una donna inquieta costretta a guardarsi alle spalle. Un romanzo che invita a riflettere sul dualismo false certezze e desiderio di fuga.