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La scoperta di un cancro al seno è sempre destabilizzante. Se poi capita a un uomo, il fatto si veste di connotati psicologici (e pratici) che centuplicano la sua forza di detonazione. Trovarsi, unico uomo, in sala d'aspetto di un ambulatorio, tra tante donne, osservato, scrutato, indagato; fare i conti con terapie farmacologiche indirizzate a pazienti donne, con tanto di bugiardini declinati solo al femminile; cercare tra i testimonial di un forte momento di sensibilizzazione - il Dragon Boat Festival - gli unici quattro uomini presenti per far vedere che, sì, anche ai maschi può capitare di incontrare questo subdolo nemico, comunemente ritenuto esclusivo "privilegio" del mondo femminile; esporsi in prima persona, a petto nudo, in calendari studiati per lanciare un messaggio rivolto a uomini e donne, indistintamente, affinché la prevenzione possa diventare per tutti sana abitudine. Aggiungere tutto questo al calendario imposto dalla malattia - diagnosi, operazione, chemio, incontri post-operatori con medici specializzati - può davvero cambiare la vita di un uomo. E, paradossalmente, nell'impegno alla condivisione e alla sensibilizzazione, renderla migliore.