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La vita di Zaha Hadid fu segnata da una visione architettonica geniale e da un'incrollabile pervicacia nel realizzarla. Questa vocazione, divenuta una lotta per l'affermazione, è ben sintetizzata dalle sue stesse parole. Nel 1994, dopo oltre 10 anni di soli stupefacenti dipinti, vinse infine il concorso per il Teatro dell'Opera di Cardiff, ma l'incarico le venne vergognosamente scippato e lei reagì dichiarando: «Siamo stati trattati male, ma non ci volevano, in realtà non volevano il progetto di una donna, per di più straniera». Dodici anni dopo, nel 2006, sommersa dalle richieste dei clienti, a chi le chiedeva perché non rinunciasse a qualcuna di esse, rispose: «Per così tanto tempo siamo stati senza lavoro, che non ho ancora perso l'abitudine di dire sì ad ogni domanda». Come tutto ciò sia potuto accadere è raccontato nel libro, che spazia in più di cento anni di storia dell'architettura per spiegare in che modo lo spirito d'avanguardia di Hadid, assimilando via via la lezione dei grandi maestri del Modernismo, abbia potuto creare inediti modelli strutturali e urbanistici che saranno oggetto di studio nel futuro.