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I mafiosi non parlano il tedesco ma perfino a Bolzano si fanno capire benissimo. Per chi ha enormi capitali sporchi da investire, del resto, non c'è bisogno di essere poliglotti. Basta il linguaggio universale della violenza e della sopraffazione, ancora presente ai giorni nostri in cui coppola e lupara hanno lasciato il posto a giacca, cravatta e I-Pad. A pochi chilometri dal confine, dove decollano, sfrecciano e atterrano gli aerei della base Usa di Aviano, non c'è bisogno di parlare l'inglese o il dialetto per i clan di Cosa nostra e per quelli campani che, in Friuli e nella Venezia-Giulia, sono di casa da anni. Ma non solo il Trentino Alto-Adige e il Nord-Est fanno i conti con infiltrazioni e radici delle mafie siciliane, campane, calabresi e pugliesi, che inquinano le vite e sono sempre più profonde in ogni settore dell'economia. La Toscana - dove i Casalesi regnano nel turismo e nella movida - e le aree a cavallo degli appennini tosco-emiliani, sono diventati un terreno fertile per chi, giorno dopo giorno, ruba l'anima della gente e mangia pezzi di economia legale: dall'edilizia ai trasporti, dal commercio alla finanza. Storie di società ed economie criminali della porta accanto, perché insospettabili eppure così vicine e così in grado di condizionare la vita di tutti i giorni. Storie, volti e racconti di fronte ai quali voltarsi dall'altra parte vuol dire condannare a morte il nostro futuro.