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Dall'avvento del fascismo sino al 1938 Gabriele D'Annunzio fu il personaggio più sottoposto a controllo: il compito fu affidato a Giovanni Rizzo, un funzionario del Ministero dell'Interno in missione permanente a Gardone, "longa manus di Mussolini" presso il poeta. La censura era ferrea: corrispondenza, conversazioni telefoniche, arrivi al Vittoriale, tutto era registrato e di tutto si prendeva nota.