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La poesia di Ciccio è un impasto di ossimori; dolori e gioie si alternano e, perché no, si sfidano nel pentagramma delle sue passioni, dei suoi tormenti, dei suoi dubbi. È una poesia che ci fa voltare indietro nel tempo, è romantica, è merlettata e odora di cipria e di essenze piccanti. E verrebbe da dire che è strano, perché Ciccio appartiene alla generazione della velocità, del digitale, quella che non ama le esperienze in profondità, ma il movimento in superficie.