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Nell'ultimo scorcio del XIII secolo vi fu una forte reazione nei confronti di forme poetiche impostesi nella penisola italiana dopo gli esordi della Scuola poetica siciliana. Rivolgendosi a un pubblico ristretto, gli "stilnovisti", questo gruppo di poeti avanguardisti, invocano un ritorno a uno stile limpido e dolce, a una tematica totalmente incardinata sull'amore e intesa sotto l'egida della speculazione filosofica. Nel saggio si parla di "Stilnovo" come la prima avanguardia della nostra Letteratura piuttosto che come scuola, categoria consegnataci dalla storiografia, ma oramai obsoleta. La tradizione manoscritta dà conferma della novità di questa poesia: a partire dai primi del Trecento, intorno a Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti e a Dante vengono organizzate le prime raccolte liriche comprendenti l'intero canone stilnovista, sulla scorta della teorizzazione dantesca del "De vulgari eloquentia". Questa sistemazione storiografica è da ascrivere a Dante, unico tra tutti a guadagnare una prospettiva e un distacco critico tale da poter reagire e registrare i vari mutamenti culturali che via via si delineavano, così come è emerso dalle tenzoni dei protagonisti. Dante rimane l'inventore indiscusso dell'etichetta "Stilnovo"; egli è il solo che ha saputo riempirla di significati coerenti e innovatori. Quello che a noi moderni rimane di questa ricostruzione è proprio la percezione di un punto di svolta nel gusto poetico, dapprima con larvate forme di rottura, poi man mano con modi sempre più espliciti.