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Questo saggio, attraverso la testimonianza di documenti di archiviò coevi agli anni milanesi di Caravaggio, mette in luce quello che fu l'effettivo valore economico dell'eredità del giovane Merisi al termine del XVI secolo, ponendo qualche dubbio sulle affermazioni del biografo di Caravaggio Giulio Mancini quando lo ricorda ventenne e povero a Roma a casa di Pandolfo Pucci. Il saggio, addentrandosi in particolari vicende desunte dalle carte d'archivio, offre nuovi e interessanti spunti per sostenere l'ipotesi dell'arrivo del pittore lombardo a Roma dopo le date del 1592-1593, considerate attendibili per buona parte della critica tradizionale. Lo studio, sempre con l'ausilio di testimonianze documentarie, tenta di chiarire meglio quali furono i reali rapporti di Caravaggio con lo zio sacerdote Ludovico, che non fu mai tutore dei nipoti contrariamente a quanto sinora sostenuto. Il breve saggio rileva inoltre per la prima volta i reali interessi sottesi alle vendite ereditarie che videro coinvolti lo zio sacerdote e i fratelli Merisi. La ricerca documentaria si sforza infine di chiarire le vicende della gestione della giustizia nel ducato milanese nel periodo in cui il Merisi visse in Lombardia, alla luce delle affermazioni di Gaspare Celio quando parla nella sua biografia di un Caravaggio omicida a Milano.