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Da Vienna a Zurigo, da Trieste a Roma, questo libro prende ad oggetto le zone di contagio tra il discorso giuridico della penalità e quello terapeutico dell'analisi. Il nostro racconto si avvia con la magistrale lezione di Freud agli studenti viennesi di diritto (1906): sullo sfondo il sodalizio con il giovane Jung e il suo originale contributo alla "psicologia criminale". In Italia la perdurante ipoteca lombrosiana - declinata con la medicina costituzionale, la biotipologia e l'antropologia criminale - dava fiato, in quel torno d'anni, a una diffusa avversione per l'inconscio freudiano. Toccherà a Edoardo Weiss, l'"autentico e tenace pioniere" del movimento psicoanalitico italiano, impegnarsi nelle riviste e nei congressi per mettere al riparo la giovanissima scienza dalle malevoli allusioni e da toni di inaudita durezza che venivano anche da filosofi e letterati di formazione idealistica. Ma c'è di più: a Roma, dal 1932, egli seppe costruire una fitta rete di relazioni con i giuristi (e i criminologi) della prestigiosa rivista La Giustizia penale.