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Dalle testimonianze storiche, dalla ricostruzione fantastica di dialoghi fra l'autore bambino, la madre e altri personaggi e dalla descrizione del ritorno dell'autore adulto sui luoghi oggetto della narrazione deriva un preciso e personale spaccato degli anni 1943-1945, della condizione degli sfollati e dei profughi e dei borghi che li hanno ospitati. Molteplici sono i punti di vista e quindi le voci narranti: l'autore adulto, il "coro" degli abitanti, dei rifugiati, dei soldati alleati. Fondamentali le voci del bimbo e della madre che cercano di capire il significato delle cose in un insistito e continuo "perché?" che cerca di trovare un senso là dove tutto è stato stravolto dalla guerra: la fuga e la vita da perseguitati e sfollati sostituiscono le tranquille abitudini borghesi, un mondo primitivo e per molti aspetti magico-misterioso sostituisce la ben nota vita cittadina. Di questo stravolgimento il paesaggio costituisce il corrispettivo oggettivo e nel "romanzo di guerra" e "traccia di trama cinematografica", assume un ruolo fondamentale. Le vallate dell'Abruzzo ed i "piccoli fiumi" sono il grembo che fornisce protezione alle popolazioni locali e ai molti profughi ed alla famiglia dell'autore che vive anche il terrore che venga scoperta l'origine ebraica, e nel contempo diventano protagoniste della guerra opponendo la loro conformazione all'avanzata delle armate alleate e rallentando la liberazione e la fine dell'incubo.