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Tito (Disma, secondo altre fonti) è il nome del ladrone che, alla destra del Cristo in croce, riceve da lui l'assoluzione dei propri peccati. Salvatore, il protagonista del romanzo, un pensionato che, prima geometra presso l'Ufficio Tecnico Comunale, ha poi concluso la propria attività lavorativa come rappresentante di vini, ascolta una dimenticata canzone della propria giovinezza: "Il testamento di Tito" di Fabrizio de Andrè. In quell'esame di coscienza apparentemente dissacratorio che fa il buon ladrone, Salvatore rivive le difficoltà e le contraddizioni della propria vita: dalle paure infantili per un Dio vendicatore, alle torbide visioni del peccato di un catechismo anni '50, dalla morbosa curiosità sui temi di morale sessuale ai cedimenti di fronte alle lusinghe del potere, della ricchezza, del possesso. Un esame di coscienza laico e tipicamente umano.