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Partendo dal presupposto che ogni tavola del test di Rorschach custodisce nella macchia-stimolo elementi archetipici, l'autore analizza i contenuti provenienti dalla somministrazione del test ed espressi in modo latente nelle verbalizzazioni dei soggetti esaminati. In una cornice sognante, attraverso uno sguardo fenomenologico ed ermeneutico, gli archetipi affiorano, tavola dopo tavola, come veri e propri "programmi" ereditati dalla psiche che informano l'evoluzione. Pur riconoscendo l'importanza delle relazioni oggettuali, l'autore mette in evidenza il ruolo sovra-ordinato della psiche transpersonale. La natura delle immagini che emerge dalla narrazione interpretata delle tavole si inscrive in un processo evolutivo: ogni tavola è occasione per l'autore di declinare le tematiche più significative della concezione junghiana. Ne risulta con evidenza la differenza che caratterizza l'esperienza di chi vive esclusivamente il campo psicologico personale, rispetto a chi tocca il regno del transpersonale e si apre verso "qualcosa" o "Qualcuno" che abita il "sacro".