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Tra le grandi famiglie italiane i Farnese arrivarono probabilmente ultimi al banchetto della gloria e del potere, ma nel giro di pochi anni, proprio mentre il Rinascimento si spegneva e il nuovo ordine della Controriforma rendeva sempre più difficili le folgoranti ascese degli homini novi, si trasformarono da piccoli nobili di provincia in aristocratici a livello europeo, da mal ricompensati soldati in regnanti. Alla base è la «fortunazza paolina», quel gioco estroso del destino che riunì in Alessandro Farnese (1468-1549) le più contrastanti doti - cortigiano raffinato, sapiente umanista, politico d'alta scuola - e lo spinse, tra lo sbalordimento e l'invidia dei contemporanei, sul soglio pontificio col nome di Paolo III, per la maggior gloria della Chiesa, ma anche, e forse ancor più, della propria famiglia. E dopo di lui il figlio Pier Luigi (1503-1547), primo duca di Parma e Piacenza, sfrenato nelle passioni e accorto statista, e via via tutti gli altri, generazioni di capitani e di governanti, di prelati e di donne educate per divenire regine, fino agli ultimi Farnese, in cui la proverbiale gentilezza degli avi si muta in mollezza, il gusto del bello in lascivia e ghiottoneria, la violenza dei sentimenti in follia. Ricco di particolari come una vera "storia di famiglia", il libro annoda continuamente le vicende dei Farnese a quelle europee, in un quadro di costume spregiudicato, e talvolta malizioso, sul cui sfondo appaiono i più importanti personaggi del tempo: da Tiziano a Carlo V, da Filippo II al cardinale Alberoni e a papa Urbano VIII.