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Tranne pochissime eccezioni, i libri in cui si raccontano le vicende dei popoli presentano i fatti bellici come fratture, interruzioni, parentesi nel corso della storia. Anche nelle opere che analizzano minuziosamente origini, svolgimento e conseguenze delle guerre, quando i giovani diventano uomini in armi e le officine non producono più aratri ma spade e bocche da fuoco sembra che inizi un intermezzo che si svolge fuori dal consueto scenario sociale, tra le quinte della storia. "Mens in Arms" riporta invece gli eserciti nella storia, studiando la guerra come un fatto sociale condizionato dall'evoluzione economica, culturale e tecnologica, e che a sua volta condiziona il seguito di tale evoluzione. Le "parentesi" belliche sono esaminate e valutate, attraverso le diverse epoche, all'interno delle strutture della società in cui si sono sviluppate; e l'arte militare non è considerata come qualcosa di autonomo rispetto alla globalità del processo storico, ma costantemente ricollegata per i suoi presupposti tecnici, per le concezioni strategiche, per l'uso delle masse umane - alle condizioni materiali di esistenza in un determinato luogo e tempo, all'organizzazione del lavoro, alle idee prevalenti, ai rapporti fra corpi sociali, e agli effetti che ha avuto sull'evoluzione "civile" della collettività. La guerra cessa di essere un compartimento stagno e rientra nel circolo della storia integrale della società.