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Un'organizzazione internazionale di biscazzieri, che comprende parenti di sangue di sovrani e capi di Stato europei, cerca di impiantare casinò in tutta la nostra penisola con l'appoggio di un uomo politico che ha rivestito le più alte cariche istituzionali. E siamo solo all'inizio, alla cosiddetta belle epoque. Quando scoppia la guerra, un capo del governo affiliato alla mafia costruisce una grande casa da gioco a scopo di spionaggio. Finito il conflitto, il suo gestore diventa uno dei principali sponsor del nuovo movimento politico che si oppone al "contagio" sovietico delle masse proletarie. A tirare i fili senza apparire sulla scena, nell'industria dell'azzardo e nella politica, è la più importante banca del paese. A questo punto saremo meno sorpresi di scoprire che dietro al delitto Matteotti, che ha consegnato il nostro paese a vent'anni di dittatura fascista, svolgono un ruolo fondamentale gli affari che uniscono gli uomini del governo con industriali, faccendieri e tenutari di bische. L'era di Mussolini finisce, ma la strada degli intrecci finanziari, politici e criminali che caratterizzano le maggiori vicende storiche nazionali del secondo dopoguerra è ormai spianata. Caduto il Muro, la parentela originaria tra capitalismo e gioco d'azzardo torna evidente, dividendo il mondo tra chi sta dalla parte del banco e chi è costretto a elemosinare i gettoni della speranza.