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«Catania, fine anni Ottanta. Milo è sul treno delle 7:30 in partenza per Pisa, irrigidito e travolto da mille emozioni ma inconsapevole che quel viaggio darà uno scossone alla sua vita, ma soprattutto gli insegnerà ad avere coraggio. Una parola, che seppur assente letteralmente, racchiude il senso del motto della scuola di fanteria, a Cesano di Roma, che non dimenticherà mai: Fortior ex adversisresurgo - Risorgo più forte dalle avversità. Milo è diverso dai suoi colleghi, non accetta che si parli dell'amore e delle donne in modo apatico e volgare, piuttosto il suo essere nostalgico, riflessivo e sentimentale lo contraddistinguono, rendendolo forte e protetto dal cinismo e dalla svalutazione collettiva. Potremmo definirlo un uomo "fuori epoca". Non molto estroverso, fa fatica ad esternare ciò che prova perché le emozioni pareva ingombrassero qualsiasi spinta ad un'esternazione verbale da lui percepita come estremamente riduttiva della magnificenza e della complessità interiore. Solamente la ragazza dalle scarpe gialle, per lui un mistero difficile da comprendere, espressione di dolce malizia e di una tremenda femminilità, sarà l'unica a rendergli spontaneo il fluire delle parole e a rendere nota, con un cambio di linguaggio, una seconda personalità di Milo, e dello stesso scrittore, sul finire delle ultime pagine. Pagine in cui troviamo un Milo più uomo, più saggio, arricchito dalle mille sfaccettature che albergano nell'animo delle persone e dei luoghi incontrati tra treni in transito, Piazza di Spagna, Campo Italia a Messina e il bar di Federico in Via Umberto a Catania. Alcune cose però non cambiano mai, il senso di insoddisfazione e quella nostalgia permangono, nostalgia di ciò che è stato, di ciò che è, di ciò che sarà,quasi a voler ripescare fuori, per necessità, quei momenti, quei luoghi, quei volti, quelle espressioni, anche ciò che ha procurato dolore per poterli abbracciare, viverli ancora più intensamente e ripartire da lì, come unico svago che resta per chi è diffidente verso il futuro; cita Carlo Verdone in La grande bellezza(2013). Milo non sceglie ciò che è più semplice ma piuttosto sceglie la via libera, slegandosi da gradi e obblighi serrati come quelli a cui ha dovuto adempiere per lungo tempo. Attraverso le sue parole Lorenzo D'Agata da vita a un ritratto dalla scrittura estremamente essenziale in cui cambiano i luoghi, gli strumenti, le strutture, i protagonisti, ma i fatti sempre quelli sono, quasi a voler rivolgere un invito: quello di smuovere le proprie abitudini per dare spazio a nuovi stati d'animo e scoperte consone alla propria personalità, ma di cui forse non si è ancora consapevoli.» (Catherine Vaccaro)