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È un mémoire, una ricordanza autobiografica ma anche un trattatello sulla conversazione, questa scrittura che attinge ai ricordi di chiacchierate del dopoguerra romano in famiglia, nelle strade, nei ricoveri sotterranei. La parola seduce e incanta il protagonista: bambino e adulto osserva, riflette, coinvolge. Un racconto che tesse un sottile elogio della conversazione, fino a prenderne, quasi, la stessa forma. Michele Tortorici, nella Prefazione, scrive: "Il lettore, sommessamente sollecitato a non essere pigro, è portato a scavare in profondità nel terreno di una qualità della vita determinata dal rapporto con l'altro: rapporto di condivisione, di scambio, di comune accettazione delle regole del gioco; insomma, rapporto umano".