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Invitato a rilasciare un'intervista sulla critica letteraria, Walter Pedullà ha deciso di farsela da sé, per essere più libero di sconfinare da un'epoca all'altra (dal fascismo dell'infanzia alla società del benessere), da un tema all'altro (disoccupazione, alienazione e crisi permanente), da una corrente all'altra (dal neorealismo alla tradizione del nuovo, dal neosperimentalismo al postmoderno), da uno scrittore all'altro (che siano Gadda o Palazzeschi, Pasolini o D'Arrigo, Calvino o Zanzotto, Malerba o Manganelli). Più di cinquant'anni di critica militante, oltre mezzo secolo di insegnamento universitario, una trentina di opere, migliaia di articoli, no meno di cinquanta saggi, una storia letteraria e una collana di classici. Questa autobiografia poco privata non narra la vita di Pedullà: solo quella che filtra dal ricordo dei familiari, della sua terra, della molto laboriosa giovinezza. Semmai è un racconto di sé per interposta persona, che sia il maestro Debenedetti o l'amico Pagliarani. È un'autobiografia "plurale", biografia essenziale di una generazione di intellettuali che hanno lottato per rendere più moderno e libero il nostro Paese. Lo si può fare anche attraverso la critica militante, il genere letterario che più assomiglia alla vita.