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Il "canto lieto", quello che trattava di feste, amori e piccola ironia dove si contemplava il fluire non privo di stenti di un vivere paesano, è svanito negli anni. Con il secondo dopo guerra l'emigrazione continuò a spopolare paesi e campagne. Il trasferirsi nelle città comportò che il "lieto canto" si trasformasse in disagio esistenziale in alcuni; in altri, abbandonata rassegnazione e perdita d'identità. Il disconoscimento delle proprie radici e il rifiuto del dialetto avvertito come fardello ingombrante fece acquisire una nuova dimensione a chi lasciò i piccoli paesi del sud, omologando e conformando questi a una realtà coatta.