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In Occidente e soprattutto in Europa la paura dominante della guerra e della miseria tramontava negli anni '50 e '60; in parallelo emergevano l'informazione e l'immaginario del disastro ambientale. Ma come funziona la dinamica metaforica della catastrofe? Sono i media a costruirne la narrazione o essa trae origine da un'immaginazione sociale più profonda e nascosta? Ci sono relazioni tra la paura della catastrofe ambientale e altre costellazioni dell'immaginario? E in che modo intervengono le strategie del potere politico, della scienza, delle istituzioni? L'immaginario di una devastazione ecologica globale causata da comportamenti umani inquinanti si è stabilizzato nella narrazione dei media dagli anni '90, secondo modelli ricorrenti, come evidente autoaccusa sulla responsabilità primaria della civiltà industriale. Nell'ultimo decennio, lo sfondo globale tende a collegarsi alla nuova e impressionante serie dei disastri locali (New Orleans, le alluvioni monsoniche, Fukushima ecc.). Ma, ancora largamente rimossa, incombe una paura dell'estinzione finale, della specie come dell'ecosistema che ne ha permesso la vita; e insieme, l'immaginazione di un cambiamento/adattamento post-umano. Intorno al nesso catastrofe/immaginari, che viene affrontato sul piano mediologico, filosofico, letterario, scientifico, giornalistico e politico, il volume mette a confronto le diverse suggestioni di studiosi ed esperti.