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Che una certa visione del mondo e dell'economia sia ormai inadeguata è più che un'impressione. In particolare il lavoro si trascina stancamente, aggiogato al carro dell'economicismo e di una falsa produttività. Immiserito da chi lo intende come una semplice voce di costo o un puro mezzo per vivere. Il nostro lavoro attende una ventata di aria fresca che ridia slancio a ciò che facciamo. E in attesa che qualcuno abbia il coraggio di ribaltare assunti vecchi di secoli, denunciare false verità, interrompere l'insensatezza che pare essere il nostro ineluttabile destino. Non è un compito semplice: servono idee e parole assolutamente inattuali, libere di riconoscere i segnali di un nuovo sentire, capaci di dare forma a un diverso modo di concepire la vita. Pensieri e parole lontani dalla miseria del presente, ma vicini ai suoi problemi. In grado di generare speranze con la forza della poesia e dell'immaginazione. Dove trovarli? Dove il pensiero fermenta e le parole ribollono: nella grande letteratura. Alberto Peretti ha tentato l'azzardo. Ha scelto una serie di figure letterarie, da Adamo ai giorni nostri. Personaggi caratterizzati da un particolare mestiere, ciascuno con un'esemplare vita lavorativa. Ne ha ascoltato la voce, ne ha ripercorso la vicenda, ha cercato di coglierne l'insegnamento. E come in ogni favola che si rispetti ne ha ricavato una morale in grado di scuotere la nostra coscienza lavorativa. Prefazione di Francesco Varanini.