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Nelle società europee delle migrazioni globali la violenza sulle donne è affrontata con la presunzione di un'efficacia universale dell'approccio occidentale e post-patriarcale ai diritti, alle libertà e alle modalità di riparazione delle violenze. Le differenze dei vissuti e dei significati culturali delle esperienze subite vengono interpretate in base alla vicinanza o lontananza rispetto ai saperi e alle culture egemoni, disattente rispetto ai loro stessi processi di riproduzione del dominio maschile. La violenza sulle donne da parte degli uomini autoctoni tende a essere considerata una patologia individuale, mentre quella esercitata dai migranti è sovente rappresentata come barbarie culturale. In ambedue i casi, prevale un'immagine della donna-sempre-vittima che ostacola l'attivazione delle risorse e delle capacità femminili. Occorre sviluppare pratiche di prevenzione e contrasto della violenza di genere che restituiscano la parola alle donne rafforzando le loro prospettive di empowerment. La rete DUG (Diritti Umani di Genere) tra le città di Venezia, Adria, Bassano del Grappa, Rovigo e Schio ha lavorato in questa direzione, proponendo un approccio gender sensitive per la formazione e la ricerca-azione nel campo delle politiche antiviolenza.