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A 26 anni, scoperta la vocazione poetica, Vittorio Alfieri partecipa all'agone tragico che impegnava i letterati italiani fin dall'inizio del secolo per colmare il vuoto avvertito nel genere più prestigioso, la tragedia, privo di modelli illustri e dunque incapace di competere con il teatro francese del Grand Siècle, paradigma su cui seguitava ad esemplarsi la tragedia classicista settecentesca. Rifiutando la lingua e la cultura francese, Alfieri si volge soprattutto ai classici per impadronirsi degli strumenti dell'officina poetica. La tragedia senecana costituisce dunque il principale "soccorso per la lettura teatrale", tanto da motivarlo a riprendere lo studio del latino. Gli estratti dalle tragedie di Seneca che qui si presentano (con ampia introduzione e commento) sono contenuti nel ms. Laurenziano Alfieri 4. Il manoscritto è composto da 102 cc., numerate a mano in alto a destra, e contiene scritti autografi eterogenei, cronologicamente distanziati. Le tragedie del corpus senecano riprodotte sono nell'ordine in cui si presentano: Thebais (ovvero Phoenissae, cc. 2-4), Medea (cc. 5-10), Thyestes (cc. 11-18), Oedipus (cc. 19-25r), Agamemnon (cc. 25v-33r), Troades (cc. 33-43r), Hippolytus (ovvero Phaedra, cc. 43v-51), Octavia (cc. 51v-56r).